lunedì 26 aprile 2010

I Disturbi Alimentari

Disturbi alimentari I disturbi dell'alimentazione comprendono comportamenti estremamente problematici come seguire diete rigide, abbuffarsi in segreto, vomitare dopo i pasti, calcolare le calorie in modo ossessivo. Tuttavia i disturbi alimentari sono molto più complicati delle semplici abitudini dietetiche poco salutari.

Il nucleo centrale di questi disturbi implica atteggiamenti distorti e auto critici sul peso, sul cibo e sull'immagine corporea. Sono questi pensieri e sentimenti negativi che danno vita ai comportamenti dannosi.

Le persone che soffrono di un disturbo alimentare usano il cibo per gestire emozioni fastidiose o dolorose. Restringere l'alimentazione per esempio viene usato per avere l'illusione del controllo. Abbuffarsi o mangiare in eccesso contribuisce ad alleviare temporaneamente la tristezza, la rabbia e la solitudine. Eliminare il cibo (con purganti o con il vomito) è il comportamento utilizzato per combattere la sensazione di disgusto e disperazione. Con il passare del tempo, chi ha un disturbo alimentare perde la capacità di vedersi in modo obiettivo e le ossessioni sul cibo e sul peso cominciano a dominare ogni aspetto della vita.
Il comportamento alimentare è controllato da numerosi fattori che comprendono: l'appetito, la disponibilità di cibo, le abitudini familiari, culturali e generazionali e i tentativi di controllo volontario.

Seguire una dieta per ottenere un corpo più magro di quanto sarebbe necessario in termini di buona salute è un comportamento molto "pubblicizzato" dalle tendenze della moda, dalle industrie alimentari e in alcune professioni. I disordini alimentari comprendono gravi disturbi nel comportamento alimentare, come riduzioni estreme e dannose dell'apporto calorico giornaliero, grave sovra-alimentazione e inoltre sentimenti di disagio o eccessive preoccupazioni riguardo al proprio peso o il proprio aspetto.

I ricercatori hanno investigato come e perché comportamenti inizialmente volontari, come il mangiare porzioni di cibo più piccole o più grandi del normale, ad un certo punto diventino incontrollabili per alcune persone trasformandosi in veri e propri disordini alimentari.
Studi sulla biologia del controllo dell'appetito e le sue alterazioni dovute a sovra o sotto-alimentazione prolungata hanno rivelato l'enorme complessità del problema, ma con il tempo ci sono buone probabilità di arrivare alla scoperta di nuovi farmaci per il trattamento dei disturbi alimentari.
I disturbi alimentari non sono dovuti a mancanza di volontà; essi sono vere e proprie malattie curabili nelle quali certe abitudini alimentari errate diventano schemi comportamentali disadattivi fuori dal controllo dell'individuo.

Tipologie di disturbo
I disturbi alimentari più diffusi sono l' ANORESSIA NERVOSA, e la BULIMIA NERVOSA. Un terzo tipo, il DISTURBO DA ALIMENTAZIONE INCONTROLLATA (binge-eating). I disturbi alimentari si sviluppano frequentemente durante l'adolescenza e la prima età adulta, anche se alcune ricerche indicano la possibilità del loro sviluppo sin dall'infanzia e anche nella maturità.

I disturbi alimentari appaiono frequentemente associati ad altri disturbi psichiatrici come depressione, abuso di sostanze e disturbi d'ansia. Inoltre le persone affette da disturbi alimentari soffrono spesso di notevoli complicazioni a livello fisico come patologie cardiache e insufficienza renale che possono condurre alla morte. Quindi è della massima importanza riconoscere i disturbi alimentari come malattie reali e trattabili.
Le donne tendono a sviluppare disordini alimentari in misura maggiore rispetto agli uomini. Solo una percentuale stimata tra il 5 e il 15% delle persone con anoressia o bulimia e circa il 35% delle persone affette da disturbo da alimentazione incontrollata è rappresentata dai maschi.

Depressione

Quello della depressione, è un termine generale che può creare confusione. In senso clinico, la depressione è un disturbo dell'umore e deve essere distinta dalla comune tristezza, o dall'abbattimento dovuto a circostanze negative. Ma la terminologia tecnica esclude l'uso improprio di questo termine. L'approccio moderno ai disturbi dell'umore utilizza dei termini più restrittivi: Episodio Depressivo Maggiore e Disturbo Depressivo.


Episodio Depressivo Maggiore
Consiste in un periodo di almeno due settimane in cui si manifesta umore depresso e/o perdita di interesse o di piacere per tutte le attività. I sintomi dell'episodio depressivo sono molto vari e possono compromettere un gran numero di funzioni. L'Episodio Depressivo Maggiore, a seconda del grado di compromissione delle funzioni sociali della vita di una persona viene distinto in lieve, medio e grave. Nei casi estremi, durante un episodio depressivo la persona può non essere in grado persino di occuparsi delle funzioni vitali fondamentali (bere, mangiare, lavarsi, etc.).
Classicamente i sintomi dell'Episodio Depressivo Maggiore vengono divisi in categorie, a seconda delle funzioni compromesse: pensieri (rimuginio, autorecriminazione, negatività, idee suicidarie), comportamento (rallentamento, ritiro), umore (tristezza, mancanza di interessi), sonno (aumento o riduzione del sonno), alimentazione (riduzione o aumento dell'alimentazione), sessualità (riduzione).

Disturbo Depressivo
Può coincidere anche con un singolo episodio, ma il termine viene utilizzato per implicare la presenza di una vulnerabilità generale alla depressione, e dunque al rischio di avere delle ricadute. La diagnosi di Disturbo depressivo distingue tra singolo episodio e episodi ricorrenti. La presenza di un Disturbo Depressivo ha una grande importanza rispetto alle decisioni terapeutiche. Infatti, anche se si è guariti da un Episodio Depressivo, è necessario porre le basi di un'adeguata prevenzione delle ricadute che è molto più efficace del trattamento dell'episodio in se stesso.

Terapia
La terapia della depressione deve essere distinta in trattamento dell'episodio depressivo, che ha una funzione di intervento intensivo, focalizzato sul problema, e la prevenzione delle ricadute che ha uno scopo molto più esteso e ad ampio raggio: ridurre il rischio di aver nuovi episodi. Negli ultimi anni, in seguito a significativi progressi, la prevenzione delle ricadute ha assunto una importanza molto maggiore che in passato.

Trattamento dell'episodio depressivo
La sua cura  si avvale principalmente dell'uso di farmaci antidepressivi e di terapia cognitivo comportamentale.
Le linee guida più autorevoli raccomandano di affiancare ai farmaci, durante l'episodio depressivo, un trattamento psicoterapeutico focalizzato sul sostegno e l'attivazione. La terapia più raccomandata è la terapia cognitivo comportamentale. Tuttavia, per le depressioni lievi, l'uso dei farmaci non sempre è raccomandato, e si consiglia la sola psicoterapia. La decisione riguardo l'utilizzo dei farmaci è subordinata esclusivamente al parere di un medico e in special modo di uno psichiatra.

Il Vaginismo

Il vaginismo è un disturbo sessuale caratterizzato dal ricorrente o persistente spasmo involontario dei muscoli perineali che circondano la parte esterna della vagina.

I genitali della donna, dal punto di vista anatomico, risultano del tutto normali, tuttavia, nel momento in cui l’uomo tenti la penetrazione, l’accesso della vagina si serra a tal punto tanto da impedire l’atto sessuale. Tale meccanismo, peraltro, si verifica ogni qualvolta si tenti la penetrazione vaginale con pene, dita, tamponi o con qualsiasi altro corpo estraneo.
Le donne che soffrono di tale disturbo presentano generalmente una scarsa conoscenza degli organi genitali interni. Siffatta disfunzione, inoltre, è spesso causa di matrimoni non consumati (i cosiddetti “matrimoni bianchi”) o di sterilità.
Il partner presenta frequentemente un atteggiamento problematico rispetto alla sessualità e, seppur inconsapevolmente, contribuisce spesso alla persistenza del sintomo della donna. Ciò, peraltro, non significa che la coppia si privi della sessualità: i preliminari permettono, infatti, numerose forme di soddisfacimento sessuale.

Cause
Le cause fisiche si riferiscono ad una qualunque patologia degli organi genitali che rendono molto difficili sia la penetrazione sia un precedente rapporto che abbia lasciato come ricordo un forte dolore. Questi due aspetti sono fattori che predispongono la donna al vaginismo.

Le cause psicologiche si riferiscono, invece, alla presenza di traumi sessuali, come lo stupro, o ad una educazione molto rigida dal punto di vista sessuale, ad una cattiva informazione sulla fisiologia dell’atto sessuale e, infine, all’impotenza del partner.

Terapia
Il trattamento varia in ragione delle possibili cause del disturbo.
Se la disfunzione appare riconducibile a cause fisiche, il trattamento consiste nel rendere consapevole anche il partner del problema, attraverso esami medici della contrazione involontaria dei muscoli della vagina.

Di grande efficacia si dimostrano anche le tecniche comportamentali finalizzate alla penetrazione senza dolore, come l’inserzione di dilatatori di dimensioni graduate ad opera del partner, sotto il controllo manuale della donna, la quale successivamente si limita a dirigere l’operazione solo verbalmente.

Qualora il disturbo provenga da un trauma vissuto nel passato, risultano efficaci le tecniche di desensibilizzazione (di tipo cognitivo comportamentale o l'EMDR) in cui il terapeuta incoraggia la paziente a sperimentare le sensazioni indesiderate quale mezzo per facilitare la risoluzione del conflitto e per promuovere il controllo sulle situazioni affrontate in modo funzionale.

Se la terapia di coppia risulta di difficile conduzione, il terapeuta può insegnare alla paziente una tecnica di rilassamento come il training autogeno, eventualmente affiancata da alcune sedute di biofeedback uditivo, nelle quali ad un crescente rilassamento della paziente segue la diminuzione del tono di un segnale acustico. Il vantaggio di quest’ultima tecnica consiste nel permettere alla donna di prendere consapevolezza dei propri progressi.

L'Impotenza

Si tratta del Disturbo maschile dell’erezione, chiamato impropriamente impotenza, e si manifesta come una persistente o ricorrente incapacità di raggiungere o mantenere un’adeguata erezione, così da non poter compiere l’atto sessuale. Il disturbo dell’erezione può manifestarsi anche in presenza di un elevato desiderio sessuale. es. “Sono disperato; ogni volta che provo ad avere un rapporto sessuale l’erezione non parte, oppure non riesco a mantenerla per più di 10 secondi. Eppure da solo, quando mi masturbo, ci riesco cavolo! Ma che razza di vita è se non posso vivere la mia sessualità come un uomo normale?


Per parlare di disturbo maschile dell’erezione, l'anomalia innanzitutto deve causare notevole disagio e difficoltà interpersonali; inoltre, non deve essere dovuta esclusivamente alla presenza di patologie organiche (in generale, qualsiasi malattia o squilibrio ormonale che si ripercuota sulle vie nervose o sull’irrorazione sanguigna del pene, ad es.il diabete), a malattie mentali (ad es. la depressione), o agli effetti diretti di una sostanza (ad esempio, alcuni farmaci o l’alcolismo cronico).

Cause principali

Stress
Molti uomini tendono a sottostimare l’effetto che uno stress negativo e cronico può avere sulla sessualità. La risposta sessuale negli esseri umani è un processo altamente complesso e delicato che coinvolge una combinazione di numerosi fattori psicologici, neurologici, ormonali, ecc. lo stress è in grado di causare marcati sconvolgimenti su tale sistema con ovvie ripercussioni sul sesso e quindi anche sull’erezione.

Ansia da prestazione
E' capace d’impedire al maschio di lasciarsi andare e di attenuare l’eccessivo controllo sull’erezione, tale ansia può esser la causa diretta di difficoltà erettile oppure aggravare o mantenere una difficoltà erettile di natura organica.

Cause relazionali
Le più frequenti sono dovute a conflitti e tensioni all’interno della coppia, difficoltà comunicative, ridotta o scarsa attrazione, scarse abilità o presenza di vere e proprie disfunzioni sessuali nella partner.

Terapia
Dipende ovviamente dalle cause del disturbo.
Se la difficoltà erettile è un sintomo diretto ed esclusivo di malattie organiche, di disturbi mentali o conseguente l’assunzione di sostanze, l’intervento consiste nel rimuoverli.
Se la disfunzione dipende dallo stress è auspicabile un trattamento cognitivo-comportamentale orientato ad insegnare alla persona modalità efficaci di gestione dello stress (stress management); scopo è quello di ridurlo affrontandolo efficacemente e non eliminarlo.
Nel caso in cui sia presente l’ansia da prestazione, il trattamento si basa fondamentalmente sulla procedura di decondizionamento condotta mediante il metodo della focalizzazione sensoriale I e II. Nel caso in cui non sia presente una partner può essere utilizzata la desensibilizzazione sistematica.
Le cause relazionali, se presenti, vanno affrontate con uno specifico lavoro di coppia, mirato a rimuovere eventuali ostacoli.

Eiaculazione Precoce

L'Eiaculazione precoce è probabilmente la disfunzione sessuale più diffusa tra i maschi ed è caratterizzata da una persistente o ricorrente precoce orgasmo con eiaculazione anche in seguito di una minima stimolazione sessuale, prima, durante o subito dopo la penetrazione; comunque sia, prima che il soggetto lo desideri.


E’ come se il mio corpo funzionasse per conto suo.
Non c’è verso, proprio non c’è verso, non riesco a frenarmi ed eiaculo.
Tutto finisce sempre in pochi secondi. Mi sento veramente ridicolo e impotente!

Il maschio che soffre di questo problema possiede in genere un buon desiderio sessuale, un’ adeguata erezione, ma non riesce a controllare in alcun modo la propria eiaculazione, che avviene al seguito di una minima stimolazione. Per parlare di eiaculazione precoce, l'anomalia non deve essere dovuta esclusivamente agli effetti diretti di una sostanza (per es. l’astinenza da oppiacei, antipsicotici o da tranquillanti o l’utilizzo continuativo di decongestionanti nasali), a patologie organiche (ad es. infiammazioni ed altre patologie dell’apparato urinario o del sistema neurologico) o disturbi mentali (l’ eiaculazione precoce può essere sintomo di alcuni disturbi psicologici gravi e cronici, quali ad esempio il disturbo bipolare, il disturbo ossessivo – compulsivo, la depressione, ecc) e deve causare notevole disagio, vergogna e difficoltà interpersonali.

Le cause alla base di tale disfunzione sono diverse, tra le principali troviamo:
  • lo stress: molti uomini infatti, tendono a sottostimare l’effetto che uno stress negativo e cronico può avere sulla loro prestazione. La risposta sessuale negli esseri umani è un processo altamente complesso e delicato che coinvolge una combinazione di numerosi fattori psicologici, neurologici, ormonali, ecc. lo stress è in grado di causare marcati sconvolgimenti su tale sistema con ovvie ripercussioni sul sesso.
  • l’ansia: dato che l’eiaculazione viene innescata dal sistema nervoso parasimpatico, la presenza di una forte ansia, che esprime l’azione di tale sistema, potrebbe facilitare il riflesso eiaculatorio.
  • talvolta, scarse conoscenze o abilità sessuali: in questo caso l’eiaculazione precoce si presenta a causa di insufficienti o addirittura distorte conoscenze sul funzionamento del proprio corpo circa la risposta sessuale e relativamente alle modalità per gestirla al meglio.
  • La presenza di altre disfunzioni sessuali: in particolare, quando è presente una difficoltà ad ottenere o mantenere l'erezione, il maschio cerca di concludere rapidamente.
Il trattamento dipende naturalmente dall’individuazione delle cause prima di tutto e poi dall’applicazione d’interventi terapeutici specifici. Se l'eiaculazione precoce è un sintomo di malattie organiche, mentali o conseguente l’assunzione di sostanze (eiaculazione precoce secondaria), chiaramente l’intervento ha come finalità quella di rimuovere tali condizioni. Se la disfunzione dipende dallo stress, invece, è auspicabile un trattamento cognitivo-comportamentale orientato ad insegnare al soggetto modalità efficaci di gestione dello stress (stress management) il cui scopo è quello di ridurlo affrontandolo efficacemente e non eliminarlo. Quando le cause, invece, sono da attribuire ad un’ansia elevata associata all’esperienza sessuale, gli interventi più efficaci risultano essere quelli capaci di rompere questo legame; utile risulta essere a tal fine la tecnica di Desensibilizzazione Sistematica e la Focalizzazione Sensoriale I e II. Se invece il disturbo dipende da scarse abilità sessuali, il soggetto deve acquisire il maggior numero di conoscenze e destrezze grazie alle quali migliorare il controllo dell'orgasmo: abilità di rilassamento, esercizi di potenziamento del muscolo pubococigeo, tecniche dello stop-start e dello Squeeze (compressione) ed altre loro varianti. Logicamente, se l’eiaculazione precoce è secondaria ad una difficoltà erettiva, occorre curare quest’ultima con adeguati interventi.

I Disturbi Sessuali

La sessualità è una componente fondamentale della vita, sia dal punto di vista fisiologico, sia dal punto di vista relazionale. E la possibilità di sperimentare una sessualità soddisfacente è essenziale per la salute mentale e per una buona vita di relazione. L’estrema varietà di preferenze e modalità con cui la sessualità può essere vissuta in modo sano soddisfacente non deve essere confusa con la presenza di veri e propri disturbi.


Si parla di Disturbi sessuali quando:

* Vi sono alterazioni del desiderio sessuale e della risposta psicologica e fisiologica relativa al rapporto sessuale, per cui non si riesce ad iniziare o portare a termine il rapporto sessuale (Disfunzioni sessuali).

* Ci si sente dell’altro sesso e quindi intrappolati in un corpo che sembra non appartenere a se stessi e che viene rifiutato (Disturbi dell’identità di genere).

* Si vivono impulsi, fantasie e comportamenti sessuali nei confronti di persone, oggetti o pratiche inusuali (Parafilie).

Inoltre, i disturbi sessuali sono definiti come tali soltanto quando le condizioni appena descritte si verificano per un lungo periodo di tempo (e non quindi per un singolo episodio), provocando marcato disagio e compromettendo il funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti della propria vita.

DISFUNZIONI SESSUALI
Una disfunzione sessuale è un'alterazione dei processi che sono implicati nel ciclo delle risposte psicologiche e fisiologiche nel corso del rapporto sessuale, oppure da dolore nel corso del rapporto.

Le fasi del ciclo di risposta sessuale che possono essere oggetto di alterazioni sono:

Fase del desiderio
Consiste in fantasie, pensieri, impulsi e comportamenti indicativi il desiderio di praticare l’attività sessuale. I disturbi correlati a questa fase sono il Disturbo del Desiderio Sessuale Ipoattivo, e l'Avversione Sessuale. Nel primo caso il desiderio è ridotto o assente. Nel secondo caso il desiderio è presente, ma vi è una forte avversione o rifiuto a praticare sesso che supera il desiderio.

Fase dell'eccitazione
Consiste in oggettive modificazioni fisiche accompagnate da soggettive sensazioni di piacere sessuale. Nel maschio la più evidente modificazione fisica è l’erezione del pene, che avviene grazie al rapido affluire del sangue nel suo tessuto spugnoso (i corpi cavernosi). Nella femmina è presente vasocongestione pelvica e lubrificazione vaginale. I disturbi correlati a questa fase sono, nel maschio, l’impotenza o disfunzione dell’erezione. Nella femmina, Il Disturbo di Arousal (eccitazione) Sessuale.

Fase dell'orgasmo
In questa fase, la più breve della risposta sessuale, si raggiunge il massimo del piacere, e questa è un'esperienza accompagnata da contrazioni ritmiche dei muscoli perineali, degli organi riproduttivi e, nel maschio, dalla eiaculazione. La disfunzione maschile più frequente di questa fase è l’Eiaculazione precoce. Nella femmina, il Disturbo dell'Orgasmo Femminile.

Fase di risoluzione
L'organismo torna gradualmente allo stato di non eccitamento accompagnato da una piacevole sensazione di rilassamento muscolare e di benessere generale. Durante questa fase il maschio è fisiologicamente refrattario ad una nuova eccitazione per un periodo variabile di tempo. Tale durata varia da uomo a uomo e nello stesso uomo in condizioni e momenti diversi; le principali variabili responsabili di queste variazioni possono essere l’età, la frequenza dei rapporti sessuali, lo stato di salute, le caratteristiche della partner ecc. Nella femmina è invece possibile avere più orgasmi uno dopo l’altro.

La diagnosi di disfunzione sessuale viene fatta quando l’alterazione di una o più fasi del funzionamento sessuale causa marcato disagio e difficoltà nei rapporti interpersonali e quando non può essere attribuita all’uso di farmaci e sostanze o alla presenza di disturbi fisici e mentali. Una disfunzione sessuale può presentarsi fin dall’esordio dell’attività sessuale oppure dopo un periodo di normale attività o ancora contemporaneamente ad un buon funzionamento sessuale (è il caso, ad esempio, di un uomo che con la moglie riesce ad avere l’erezione mentre con l’amante no).

La Psicoterapia della Fobia Sociale

La psicoterapia della fobia sociale più sperimentata è la psicoterapia cognitivo comportamentale.

Gli obiettivi della psicoterapia cognitivo comportamentale della fobia sociale sono di due tipi:

1. ristrutturazione cognitiva delle convinzioni che alimentano la fobia.
2. esposizione alle situazioni temute.

L'insieme dei due obiettivi consente di interrompere un circolo vizioso che può essere descritto nel modo seguente:
ansia anticipatoria che determina ansia o imbarazzo nelle situazioni pubbliche, la reazione ansiosa o di imbarazzo determina evitamento, l'evitamento incrementa l'idea di essere inetti o ridicoli, l'idea di essere inetti o ridicoli aumenta l'ansia anticipatoria.
Le tecniche standard includono le seguenti:

Ristrutturazione cognitiva
Si esplorano le situazioni tipiche che generano intensa ansia e si identificano i pensieri che accompagnano il disagio. Grazie a questo lavoro si riscontrano tipicamente delle convinzioni più profonde che hanno a che vedere con il senso di capacità personale e con le esperienze infantili di umiliazione.

Esposizione
Qualsiasi lavoro psicoterapeutico efficace non può prescindere dall'allenamento ad affrontare le situazioni che vengono tipicamente evitate. Solo il graduale affrontare quelle situazioni consente di superare il circolo vizioso di anticipazione catastrofica della situazione di esposizione e l'esplosione di ansia che viene percepita come la conferma di un fallimento personale con sviluppo di maggiore ansia e dunque di evitamento. E' essenziale iniziare ad accettare l'imbarazzo come una componente naturale di alcune interazioni umane e dunque la familiarizzazione con questa emozione. L'esposizione ripetuta consente di superare il circolo vizioso e di ridurre notevolmente l'ansia anticipatoria e l'esplosione di ansia.

I Sintomi della Fobia Sociale

Ansia anticipatoria
Chi soffre di Fobia Sociale manifesta intensa paura di trovarsi in situazioni pubbliche in cui possa apparire imbarazzato, ansioso, a disagio, ridicolo. Ciò viene percepito come una gravissima potenziale umiliazione e conduce a vivere in uno stato di intensa anticipazione ansiosa anche molto tempo prima (persino mesi) un evento in cui è possibile o certa una esposizione pubblica.

Sintomi di ansia o panico
Chi soffre di Fobia Sociale, quando si trova nella situazione di esposizione pubblica temuta, tende effettivamente a manifestare sintomi di ansia o imbarazzo, come rossore, balbettio, tremori, tensioni muscolari, sensazione di fame d'aria, senso di confusione. A volte si manifesta un vero e proprio attacco di panico.

Evitamento
Generalmente, chi soffre di questo disturbo tende ad evitare il più possibile le situazioni in cui possa trovarsi esposto in pubblico. Ad esempio le riunioni di lavoro, i discorsi pubblici (persino proporre un brindisi), firmare dei documenti davanti agli altri, esami, colloqui di lavoro, manifestare le proprie opinioni anche in piccoli gruppi, suonare uno strumento musicale, cantare, etc.
L'evitamento può interferire anche pesantemente con la vita lavorativa, affettiva, sociale, di relazione. Ad esempio, possono esservi rinuncie ad avanzamenti di carriera o opportunità lavorative, abbandoni di comitive di amici o relazioni sentimentali.

Aspetti cognitivi
Chi soffre di questo disturbo è consapevole che la propria paura è esagerata, ma prevale la convinzione di non riuscire a dominare l'ansia e l'imbarazzo nelle situazioni di esposizione e che l'imbarazzo può condurre a giudizi molto negativi sul proprio conto, come ad esempio, l'idea di essere percepiti come stupidi, incapaci, ridicoli.

Questo disturbo, seppur molto diffuso, non sembra essere molto riconosciuto, e spesso viene confuso con la timidezza o con la normale ansia. Mentre la timidezza è un normale tratto del carattere che alcune persone possiedono e che, a volte, risulta anche apprezzabile, la fobia sociale, invece, è una timidezza… all’ennesima potenza!

La Fobia Sociale

La Fobia Sociale consiste nella intensa paura di manifestare imbarazzo, disagio o ansia in situazioni in cui si è esposti pubblicamente, come ad esempio parlare in pubblico, mangiare, scrivere, o persino conversare e manifestare le proprie opinioni.
La fobia sociale deve essere distinta dalla comune timidezza in quanto le conseguenze sulla vita sociale e relazionale sono marcate e significative, invece la timidezza è un tratto del carattere senza significative conseguenze e generalmente ben accettato.

La paura prevalente della fobia sociale è quella di essere giudicati come inadeguati, stupidi, ridicoli, "pazzi", incapaci, nel momento in cui dovessero manifestarsi segni di imbarazzo come arrossire, tremare, non riuscire a parlare in modo fluido, etc.
Quando effettivamente si trovano nelle situazioni temute, le persone che soffrono di Fobia Sociale manifestano ansia intensa o persino attacchi di panico.
Generalmente, chi soffre di questo disturbo tende ad evitare i luoghi e le situazioni temute (evitamento). Questo aspetto è di grande rilevanza per la diagnosi del disturbo che può essere fatta solo se è presente una significativa interferenza nella vita sociale, affettiva o lavorativa.

Il meccanismo psicologico che alimenta la Fobia Sociale è il circolo vizioso di ansia anticipatoria che può manifestarsi anche molto tempo prima la previsione di una situazione di esposizione (ad esempio un esame, una discussione pubblica, etc.) e che dà luogo poi effettivamente ad una condizione di ansia ed imbarazzo quando si verifica la situazione, con conseguente aumento dell'ansia anticpatoria per le situazioni future.

lunedì 12 aprile 2010

La Psicoterapia del Panico

La psicoterapia cognitivo comportamentale è considerata la psicoterapia più utile ed efficace per il trattamento del Disturbo di Panico dalle più importanti linee guida e le organizzazioni internazionali sulla salute.

La psicoterapia del panico si focalizza su tre importanti obiettivi: apprendere a calmarsi, ridimensionare le paure catastrofiche che accompagnano e precedono gli attacchi (ristrutturazione cognitiva), riprendere le attività interrotte ed estendere l'area di libertà di movimento (esposizione).

Apprendere a calmarsi
Il primo problema da affrontare è il bisogno del paziente di trovare uno strumento efficiente per limitare l'impatto dei sintomi nel corso degli attacchi di panico.
Il primo obiettivo consiste dunque nel dotarsi di uno strumento che consenta di calmarsi nel momento in cui sopraggiungono gli attacchi. La risoluzione di questo problema ha un effetto positivo su tutta la terapia in quanto favorisce la riduzione dell'ansia anticipatoria (se so come calmarmi, sono meno spaventato all'idea di avere un attacco!).
Vi sono numerose tecniche di rilassamento utilizzate per ottenere questo obiettivo, ma molte hanno il difetto di non essere utilizzabili nel momento degli attacchi perché presuppongono un preesistente stato di relativa calma. E' essenziale apprendere una tecnica di emergenza che consenta di calmarsi quando si è agitati. Qui di seguito vengono descritti i principi di una tecnica molto efficace.

Riassumere il controllo del respiro
Riprendere il controllo del respiro è essenziale per sottrarre il ritmo respiratorio agli automatismi dell'ansia. Nel corso di un attacco di panico, infatti, l'ansia intensa determina una maggiore ossigenazione del cervello che, a sua volta, determina sensazioni di vuoto alla testa e confusione. Dal momento che questi sintomi sono interpretati in modo catastrofico (cosa mai sta succedendo?) ed alimentano la percezione di perdita di controllo, la riduzione di ossigenazione è un fattore essenziale delle tecniche per calmarsi.

Interrompere i pensieri catastrofici
Gli attacchi di panico sono accompagnati da intensi pensieri catastrofici che tipicamente riguardano le seguenti categorie: paura di morire, paura di svenire, paura di perdere il controllo, paura di impazzire, paura di comportarsi in modo imbarazzante davanti agli altri.
Per riportare la calma è essenziale interrompere la catena di questi pensieri che non hanno altro risultato che incrementare lo stato di ansia.
Molto spesso, coloro che soffrono di attacchi di panico istintivamente sanno che è importante "non pensare" e le tecniche intuitive e spontanee più frequentemente utilizzate rientrano nella categoria della "distrazione". Il tentativo di distrarsi è infatti molto comune nella storia di chi soffre di panico, e prende le forme più diverse, come, ad esempio, telefonare a qualcuno, pensare intensamente a qualcosa d'altro, parlare, cantare, etc.
Sebbene le tecniche di distrazione applicate spontaneamente possano avere qualche risultato, sono tuttavia spossanti in quanto richiedono un grande sforzo da parte di le utilizza e durano solo per il breve tempo in cui ci si riesce a distrarsi. L'eventuale fallimento della tecnica, inoltre, determina paradossalmente l'aggravarsi dell'ansia in quanto incrementa il senso di fallimento personale ed il senso di perdita di controllo.
Nell'ambito della psicoterapia cognitivo comportamentale si suggerisce pertanto di utilizzare la tecnica di focalizzazione dell'attenzione sul respiro, in quanto non solo "distrae" dai pensieri catastrofici, ma approfondisce l'effetto calmante della respirazione lenta. Inoltre, la ripetizione di questa tecnica e l'allenamento consentono di creare un'ancora mnemonica molto potente. La tecnica, inoltre, include la gestione delle fughe dei pensieri in direzione della catena catastrofica e pertanto riduce il rischio di aggravemento dell'ansia in caso di temporanei fallimenti.

Tecnica
Uno degli esercizi più efficaci consiste nel respirare volontariamente e molto lentamente, portando l'attenzione al processo del respiro.
Un ciclo di respirazione lenta controllata consiste in una

  1. Lenta inspirazione che parte dal basso (dalla pancia), si estende al torace e poi alla parte alta delle spalle (senza alzare le spalle, ma anzi tenendole rilassate). L'inspirazione deve durare non meno di 5 secondi.
  2. Breve trattenimento del respiro, tenendo l'attenzione al corpo nel suo insieme.
  3. Espirazione spontanea ottenuta semplicemente lasciando andare la tensione legata alla inspirazione, come se si lasciasse sgonfiare un palloncino gonfiato. Anche in questa fase l'attenzione deve essere rivolta al corpo, lasciando andare ogni tensione eccessiva. La ripresa della inspirazione non deve avvenire prima che siano trascorsi alcuni secondi. In questo modo si apprende a superare la sensazione di fame d'aria.
Ristrutturare i pensieri catastrofici
I classici pensieri catastrofici che accompagnano gli episodi di panico sono: la paura di morire o di avere un grave malore, la paura di perdere il controllo, la paura di impazzire, la paura di comportarsi in modo imbarazzante subendo il giudizio delle persone presenti.
E' essenziale esplorare e risolvere i pensieri catastrofici del paziente in modo da offrire una interpretazione alternativa degli episodi e ridurre il terrore di avere nuovi attacchi.

Fare un piano di esposizione
Un piano di esposizione è un elemento centrale del trattamento del Disturbo di Panico. Solo la ripresa delle normali attività in modo pieno e senza accompagnatori può dare la percezione di aver effettivamente superato il problema. La persistenza dell'evitamento, anche in presenza di una buona capacità di calmarsi in caso di attacchi, deve essere superata e coltivata.
Qualsiasi segnale di ripresa dell'evitamento deve essere rapidamente affrontata con un nuovo piano di esposizione.

I sintomi del Panico

Gli attacchi di panico sono una componente essenziale del Disturbo di Panico, e sono caratterizzati dalla presenza di alcuni tra i seguenti sintomi:

  • tachicardia (palpitazioni)
  • sudorazione
  • pressione al torace
  • tremori
  • respiro corto o sensazione di fame d'aria
  • sensazione di stare per svenire
  • senso di vertigini
  • sensazione di calore
  • sensazione che la realtà non sia più la stessa (derealizzazione)
  • sensazione di non essere più gli stessi (depersonalizzazione)
  • presenza di intensa paura riguardante una o più dei seguenti:
  • paura di morire o di avere un grave malore
  • paura di perdere il controllo
  • paura di impazzire
  • paura di comportarsi in modo imbarazzante davanti agli altri
Un attacco di panico può avere dunque una grande varietà di possibili combinazioni di sintomi, e pertanto ogni persona sembra avere degli attacchi "personalizzati". Alcune persone tendono a sviluppare una sintomatologia di prevalente agitazione fisica con massiccia presenza di tachicardia, respiro corto, fame d'aria, tensione muscolare. Altre persone tendono a sviluppare prevalentemente sensazioni di svenire, derealizzazione, depersonalizzazione, senso di vertigini.

Per fare diagnosi di Disturbo di Panico non è sufficiente rilevare la presenza di attacchi di panico (manifestazioni piuttosto comuni), ma sono necessari cambiamenti dello stile di vita. (Vedi Il disturbo di panico).

Il meccanismo con il quale si generano gli attacchi di panico è descritto come un circolo vizioso di ansia che genera ansia, chiamato anche circolo vizioso del panico. Essendo l'ansia una reazione al pericolo (meccanismo attacco/fuga), se il fatto stesso di provare ansia viene percepito come un pericolo (paura di morire, di avere un grave malore, paura di non essere soccorsi, paura di svenire, paura di impazzire o di perdere il controllo, paura di comportarsi in modo imbarazzante davanti agli altri), ne consegue che l'ansia genera ulteriore ansia ed in brevissimi istanti si manifesta il panico.
Nell'ambito del Disturbo di Panico, gli attacchi di panico possono manifestarsi in circostanze ben definite oppure senza alcun preavviso. Si distingue pertanto tra attacchi di panico con agorafobia e senza agorafobia.
I sintomi durano alcuni minuti e, anche senza alcun intervento medico o psicologico, invariabilmente si riducono e scompaiono spontaneamente dopo aver raggiunto l'acme.
Gli attacchi di panico possono avere una frequenza molto variabile, da pochissimi attacchi a frequentissimi. In genere la presenza di pochi attacchi è correlata ad un marcato comportamento di evitamento.

L'apprendimento di tecniche per affrontare gli attacchi di panico è un elemento essenziale di una psicoterapia efficace, e la psicoterapia che considera prioritaria l'efficacia dell'intervento è la psicoterapia cognitivo comportamentale. Uno dei suoi strumenti più efficaci è la respirazione lenta controllata che è descritta nell'articolo dedicato alla psicoterapia del panico.

Il Disturbo di Panico

Il panico, detto in precedenza DAP (Disturbo da Attacchi di Panico) ed attualmente DP (Disturbo di Panico), è un disturbo psicologico caratterizzato dalla presenza di Attacchi di panico e preoccupazione costante di avere nuovi attacchi con modificazione dello stile di vita o evitamento.


Attacchi di panico
Gli attacchi di panico sono una componente del Disturbo di panico, ed in se stessi non sono una malattia, ma un insieme di sintomi psicologici e fisici.
Come per tutti i sintomi, gli attacchi di panico possono essere la manifestazione di un problema passeggero o estemporaneo, oppure l'espressione di una vera e propria malattia o disturbo.
Molte persone nel corso della loro vita possono sperimentare degli attacchi di panico. Questi possono sopraggiungere in circostanze di eccezionale stress o in momenti di fragilità. I luoghi chiusi o affollati possono rappresentare le situazioni di avvio degli attacchi.

Altre volte, molto più raramente, gli attacchi di panico possono essere il sintomo di una malattia fisica, come ad esempio un disturbo endocrino o neurologico, oppure la manifestazione di assunzione di talune sostanze come gli anfetaminici, la cocaina, l'LSD, l'alcol, etc.
Infine, gli attacchi di panico possono essere la manifestazione del Disturbo di Panico.

Disturbo di Panico
La diagnosi di Disturbo di Panico, dunque, non dipende dalla mera presenza dei sintomi di attacchi di panico. Come abbiamo visto, chiunque può avere degli attacchi di panico senza che questo sfoci in un vero e proprio Disturbo di Panico.

La diagnosi di Disturbo di Panico può essere fatta solo se vengono escluse malattie fisiche o assunzione di sostanze e se, oltre alla presenza di attacchi di panico, è presente uno dei seguenti sintomi:
  1. La durevole preoccupazione (ansia anticipatoria) di avere nuovi attacchi, con conseguente disagio in alcune situazioni e circostante anche comuni (come andare a lavoro, incontrarsi con gli amici, viaggiare, andare al supermercato, etc.) e/o cambiamenti nello stile di vita (come, ad esempio, farsi accompagnare negli spostamenti, o controllare che siano vicini luoghi familiari o persone che possano "soccorrere"). 
  2.  Evitamento di taluni luoghi o situazioni. Ad esempio, rinunciare a guidare sull'autostrada, a prendere il treno, ad allontanarsi da soli da casa, etc.
E' importante sottolineare che, oltre alla presenza degli attacchi di panico, è la presenza di una delle manifestazioni o sintomi sopra elencati che costituisce un elemento essenziale della diagnosi di Disturbo di Panico.

La Terapia del disturbo ossessivo-compulsivo (DOC)

La psicoterapia del DOC che ha dimostrato maggiore efficacia è la psicoterapia cognitivo comportamentale.

Per comprendere il modo in cui la psicoterapia cognitivo comportamentale agisce, bisogna ricordare che chi soffre di DOC è convinto che il primo passo per guarire consista nell'essere liberati dalle ossessioni: "se non ho questa preoccupazione, non devo fare tutti quei rituali".

Purtroppo, questa idea non fa altro che contribuire a cronicizzare il disturbo. Infatti nulla può garantire che le ossessioni scompaiano ed inoltre l'idea che le compulsioni siano inevitabili rinforza la convinzione che ci si debba prima liberare dalle ossessioni. E' un terribile circolo vizioso che intrappola chi soffre di DOC. E' nota la barzelletta di quel tipo che agitava le braccia in modo strano al centro della strada. Quando un amico gli chiese cosa facesse, lui rispose: "E' per scacciare gli elefanti". "Ma non ci sono elefanti qui" disse l'amico. "Appunto", fu la risposta, "Non ci sono elefanti perché agito le braccia".

Lo scopo della terapia è di invertire il processo: prima ci si libera dalle compulsioni e poi si scopre che i timori delle ossessioni sono infondati. Questa tecnica psicoterapeutica si chiama: esposizione con prevenzione di risposta e, allo stato è il sistema che ha dimostrato la maggiore efficacia nel trattamento del DOC.

In pratica le persone vengono invitate a mettersi volontariamente nelle situazioni che scatenano le ossessioni, e di NON effettuare i tipici rituali.
Ad esempio, chi ha ossessioni di contaminazione, viene invitato a stare in un ambiente pubblico come un autobus, il cinema, un supermercato e di non lavarsi le mani se non quando le norme igieniche lo richiedono (ad esempio prima di mangiare, e solo una volta).
Naturalmente prima di arrivare a svolgere un piano di esposizione con prevenzione di risposta è necessario far capire quanto sia importante cambiare atteggiamento rispetto alle compulsioni, è necessario far capire a chi soffre di DOC che le compulsioni non sono affatto inevitabili e che l'ansia iniziale si riduce fino a scomparire.
In genere le prime esperienze di rinuncia alle compulsioni sono seguite da un tale senso di sollievo da incoraggiare la persona a proseguire su questa strada.

Tuttavia la terapia del DOC non è fra le più corte (anche anni) a causa di un certo oscillare della motivazione e della possibilità di ricadute.

I sintomi del disturbo ossessivo-compulsivo

I sintomi del disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) riguardano le ossessioni, le compulsioni e l'evitamento.

Le ossessioni più frequenti:
  • Paura di contaminarsi con germi di pericolose malattie (AIDS, malattie veneree, tubercolosi, etc.) oppure l'idea di contaminarsi senza avere in mente specifiche malattie.
  • Sensazione di disordine o di asimmetria (disordine nella stanza, sulla scrivania, asimmetria di alcuni oggetti).
  • Dubbi su argomenti di natura pratica o astratta.
  • Paura di aver commesso qualcosa di sbagliato o di aver procurato danni a qualcuno (tipica è la paura di aver inavvertitamente investito un pedone).
  • Impulso a fare del male a persone care.
  • Impulso a compiere azioni scurrili, volgari, riprovevoli (bestemmiare in luoghi sacri, spogliarsi, dire parolacce)
Le compulsioni più frequenti:
  • Lavarsi
  • Mettere ordine
  • Contare
  • Ripetere azioni
  • Impegnarsi in attività mentale di risoluzione di dubbi o in rituali bizzarri come conteggi, parole scaramantiche, etc.
Evitamento
Chi soffre di DOC tende spesso ad evitare luoghi e situazioni in cui è probabile che si attivino ossessioni e quindi compulsioni. Ad esempio, chi soffre di ossessioni di contaminazione può evitare di frequentare luoghi pubblici, o di toccare oggetti, chi soffre di ossessioni relativi al rischio di aver investito qualcuno può evitare di guidare l'auto.

Il disturbo ossessivo-compulsivo

Il Disturbo Ossessivo Compulsivo, detto in breve DOC, è caratterizzato dalla presenza di ricorrenti ossessioni e/o compulsioni di intensità e frequenza tale da determinare grande impegno di tempo, oppure una interferenza significativa nella vita di chi ne è affetto.
Chi soffre di questo disturbo riconosce, almeno in parte, che le ossessioni e le compulsioni sono dei sintomi psicologici in quanto eccessivi o irrazionali, tuttavia ritiene di esserne dominato al punto da non riuscire a liberarsene.


Le ossessioni sono dei pensieri, preoccupazioni, dubbi o impulsi percepiti come intrusivi che determinano intenso disagio o ansia. Le ossessioni più comuni riguardano la paura di contaminazione, dubbi relativi alla possibilità di aver fatto male a qualcuno (tipico è il dubbio di aver urtato qualcuno con l'automobile), l'impulso a disporre gli oggetti secondo un ordine simmetrico, l'impulso di compiere azioni orrende o reprimevoli (come pugnalare persone care, spogliarsi in luoghi sacri, bestemmiare).

Le compulsioni (dette anche rituali) consistono invece in comportamenti ripetitivi o attività mentali che hanno lo scopo di ridurre l'ansia determinata dalle ossessioni. Ad esempio, se l'ossessione riguarda la contaminazione, la compulsione può consistere nel lavarsi ripetutamente, se l'ossessione riguarda l'ordine, la compulsione può consistere nel riordinare e controllare gli oggetti, se l'ossessione consiste in impulsi aggressivi, la compulsione può consistere in attività mentali tese a punirsi per quei pensieri (ad esempio contare un certo numero di volte, pensare ripetutamente a qualche altra cosa), etc. Le compulsioni più frequenti riguardano il lavarsi, il controllare, il contare, il ripetere alcune azioni apparentemente bizzare per un certo numero di volte.



Psicopatologie trattate in privato negli studi di Cagliari e Carbonia

I casi che abitualmente vengono trattati in privato sono:

  • il Disturbo di panico (attacchi di panico con o senza agorafobia)
  • i Disturbi d'ansia in genere
  • il Disturbo ossessivo compulsivo
  • la Bulimia
  • l'Anoressia
  • il cosidetto Binge eating (Obesità con abbuffate senza meccanismi di compensazione del peso)
  • ADHD ovvero il Disturbo da iperattività e deficit da attenzione (trattamento rivolto soprattutto ai genitori)
  • Enuresi ed Encopresi
  • la Depressione
  • il Rifiuto scolastico in adolescenza
  • l'Ansia di separazione in età evolutiva
  • la Rabbia, la Gelosia (nei casi in cui queste emozioni diventino ingestibili e minaccino il mantenimento dei rapporti sociali)
  • la Fobia sociale
  • il Disturbo post traumatico da stress
  • la Tricotillomania
  • l'Eiaculazione precoce
  • la Terapia sessuale di coppia
  • i Disturbi somatoformi (somatizzazioni di varia natura)
  • le sindromi cosidette "ansioso-depressive".

Origini e sviluppo della psicoterapia cognitivo-comportamentale

La psicoterapia cognitivo-comportamentale è una delle più diffuse psicoterapie per la terapia di diversi disturbi psicopatologici, in particolare dei disturbi dell'ansia e dell'umore.


Rappresenta lo sviluppo e l'integrazione delle terapie comportamentali e di quelle cognitiviste, e si pone in una posizione di sintesi degli approcci neocomportamentisti, della REBT (Rational-Emotive Behavior Therapy) di Albert Ellis e della terapia cognitiva classica di Aaron Beck, di cui cerca di integrare i principali aspetti funzionali.

Tale psicoterapia si basa sul modello A-B-C in cui B (Behaviour) è il comportamento target da modificare, A (Antecedente) è la situazione che porta il comportamento B ad essere agito e C (Conseguente) che è l'effetto che ottiene B. Il conseguente C ha un effetto di rinforzo sul behaviour target B causando il mantenimento del comportamento, anche se disfunzionale o problematico.

L'obiettivo del terapeuta cognitivo-comportamentale è di ridurre il comportamento di evitamento, facilitare un reframing cognitivo (ristrutturazione cognitiva), ed aiutare il paziente a sviluppare abilità di coping (la capacità di fronteggiare certe situazioni).

Per raggiungere questi obiettivi, una delle tecniche principali consiste nell'esposizione sistematica del paziente alla situazione temuta, per comprenderla ed indagarla "sul campo". Quindi, con questa terapia risulta possibile monitorare l'influenza dell'ambiente a fini correttivi, attuando una sorta di retroazione (feedback).

Questo può comportare:
  • Ristrutturare credenze "false" o auto-lesionistiche;
  • Sviluppare l'abilità di parlare a se stessi in modo positivo (self-talk positivo);
  • Sviluppare la capacità di sostituzione di pensieri negativi;
  • Desensibilizzazione sistematica (usata principalmente per l'agorafobia e le fobie specifiche);
  • Fornire conoscenze specifiche al paziente, che lo aiuteranno a fronteggiare le situazioni (per esempio se qualcuno soffre di attacchi di panico, gioverà l'informazione che le palpitazioni in sè stesse, anche se rapide e prolungate, sono del tutto innocue).
Al contrario delle prescrizioni mediche, l'efficacia della terapia cognitivo-comportamentale dipende da vari fattori soggettivi, come la competenza del terapeuta e la convinzione del soggetto. Oltre alla terapia convenzionale svolta "in studio", tale indirizzo di psicoterapia prevede spesso anche dei compiti cognitivo-comportamentali che i pazienti possono svolgere a casa come parte integrante della loro terapia (i cosiddetti "Homeworks").

Che cosa è la Psicoterapia Cognitvo-Comportamentale?

La psicoterapia cognitivo comportamentale è considerata dalla comunità scientifica internazionale e dalle più autorevoli organizzazioni sulla salute uno dei più affidabili ed efficaci modelli per la comprensione ed il trattamento di un gran numero di disturbi e problemi psicologici e psichiatrici.



La sua buona reputazione dipende da una serie di elementi che la contraddistinguono:
  • è fondata su basi empiriche ed è stata sottoposta a innumerevoli rigorose ricerche cliniche in tutto il mondo;
  •  il suo linguaggio ed i suoi metodi sono ben definiti ed è quindi molto apprezzata anche in altri ambiti scientifici: la neurofisiologia, l'etologia, la psicologia del comportamento, la psicobiologia;
  •  le sue basi teoriche sono relativamente intuitive ed immediatamente comprensibili dai pazienti;
  •  la durata del trattamento è in genere piuttosto breve;
  •  la terapia si svolge in un clima collaborativo, con uno stile di comunicazione diretto, concreto e orientato allo scopo.
Le più importanti organizzazioni internazionali raccomandano la psicoterapia cognitivo comportamentale per un gran numero di disturbi e problemi, tra cui:
bulimia, anoressia, depressione, panico, disturbo ossessivo compulsivo, ansia generalizzata, ipocondria...